Un giorno sono stata invitata ad una conferenza per condividere il mio pensiero su
“La periferia dell’anima”.
Questo titolo mi aveva un po’ spiazzato; non sapevo che cosa avrei potuto dire , mi aveva però fatto riflettere e pensare semplicemente alle tante storie che ogni giorno andiamo ad ascoltare. Mi ricordai di Matteo e non ebbi più dubbi…
Matteo viene adottato in Italia all’età di 10 anni. Non ama i giochi pericolosi, non vuole fare la lotta, preferisce stare a casa con la mamma, aiutarla nelle faccende domestiche, si diverte a cucinare e a cucire .
A 15 anni si rende conto di essere attratto dai ragazzi, ma preferisce la compagnia delle femmine .
I genitori adottivi non accettano questi suoi comportamenti e per punizione lo fanno dormire per le scale, lo fanno stare fuori casa. Ogni piccola cosa e’ un pretesto per sgridarlo.
Nel giorno del suo diciottesimo compleanno lo cacciano; non è il figlio che volevano, si vergognano.
Per la seconda volta nella sua breve vita Matteo viene abbandonato .
Neppure gli amici di sempre lo accolgono perché temono ritorsioni dalla famiglia.
Matteo finisce per strada ed inizia a prostituirsi, ma la vita è difficile sempre, ma se non ti adegui alle leggi non scritte lo e’ ancora di più, così per alcuni anni Matteo viene sfruttato, maltrattato, cacciato , ma lui non conosce altre realtà .
Finisce in un giro di droga, viene derubato, anzi derubata perché nel frattempo inizia una cura ormonale per diventare donna.
A questo punto preso a raccolta tutto il suo coraggio denuncia i suoi sfruttatori e scappa.
In quel momento io, ho avuto il privilegio di conoscere Mattea, l’attendo alla stazione ferroviaria, una ragazza come tante , indossa un trench, jean e scarpe da ginnastica, con lei l’unica amica che non l’ha mai tradita “principessa”, dal mantello color oro, sguardo adorante, non la lascia mai, soffre e gioisce con lei.
La vita di Mattea e come lei per i tanti
” diversi ” , (diversi da chi ?) e’ un vivere ai margini di questa società che non li accetta e non li considera degni , senza pensare alle loro sofferenze, ai loro problemi.
Situazioni non certamente scelte e volute da loro ma costrette a viverle in solitudine .
Quanti pianti, quanti perché senza una risposta, quanta sofferenza per accettarsi in questa triste differenza, ma la natura a volte gioca con la vita e tu devi giocare con lei se vuoi sopravvivere .
Le nostre anime che non accettano la diversità non hanno diritto di vivere al centro della vita.
Queste ottisita’, questa ignoranza, sono per me le periferie, il non voler comprendere, capire, la certezza di essere nel giusto, sempre pronti al giudizio senza mai metterci in discussione, perché crediamo di essere “normali”, quando al centro del nostro cuore ci dovrebbero essere loro che lottano ogni giorno per una vita che normalmente e’ la normalità , loro che hanno anime buone e pure, prima che qualcuno le infanghi con i giudizi.
Questa splendida, sofferente persona mi ha insegnato molto, la penso spesso e la penso come un dono che Dio ha voluto farmi perché apprezzassi in pienezza la vita, senza permettermi di giudicare prima di conoscere.
Di Adonella Fiorito
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